venerdì 21 dicembre 2012

"La verità dell'Alligatore" (Massimo Carlotto)

Un buon giallo che però non va oltre lo stereotipo del detective

Finalmente un buon giallo. La formula dell’investigatore integerrimo, che prosegue un “caso” già chiuso per amore di giustizia, viene qui rivisitata da Massimo Carlotto con un personaggio azzeccato, principale punto di forza del romanzo: Marco Buratti, alias l’Alligatore, ex detenuto amante del blues con il cuore infranto, affogato nel Calvados, originale e funzionale al genere. Ma è grazie alla sua spalla, Beniamino Rossini, che si forma una coppia memorabile, capace di mantenere verve per tutta l’indagine, alternando intrigo, pulp e umorismo noir.

La storia scorre bene fin dalle prime pagine, entrando subito nel vivo anche a scapito di una più ampia presentazione dei personaggi. L’investigazione cattura il lettore e non lo molla fino alla fine. Lo stile è asciutto, incentrato sul dialogo, con voci realistiche che escono dalla pagina per tratteggiare personalità, paure e pulsioni umane con riuscita profondità espressiva.

Purtroppo oltre la metà del romanzo diventano palesi alcune carenze. In primo luogo la generale mancanza di pathos, di rischio palpabile per i protagonisti, che scivolano oltre le avversità con così tanta scioltezza da far sembrare i pericoli delle semplici scenografie di cartapesta. Inoltre, gli antagonisti non vengono sviluppati né caratterizzati come richiederebbe il genere, bensì ridotti a semplici macchiette, quasi artificiali, privi di volontà propria nel dipanarsi della storia, forzati a beneficio della trama ma a scapito della credibilità. E ancora un finale sottotono e anticlimatico, scontato, corretto dal punto di vista investigativo ma con troppi aiutanti dell’ultima ora e circostanze favorevoli a fungere da deus ex machina.

Tuttavia il limite più grave è la mancanza di motivazione profonda del protagonista, avulso dal nocciolo della storia. Carlotto ricalca troppo il modello del detective anni quaranta per risultare credibile oggi. Il romanzo resta comunque una buona lettura, avvincente e accattivante per gli amanti del genere, ma non va oltre la riproposizione dei vecchi schemi in un’ambientazione contemporanea.

Voto: 3 su 5

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