È apparso ieri su Repubblica un interessante articolo di Andrea Camilleri sull'imbarbarimento dell'italiano, a suo dire in punto di morte. Tra i tanti passaggi vi segnalo questo:
[...] Da noi l’italiano viene quotidianamente sempre più vilipeso e indebolito da una sorta di servitù volontaria e di assoggettamento inerte alla progressiva colonizzazione alla quale ci sottoponiamo privilegiando l’uso di parole inglesi. E c’è di più. Un esempio per tutti. Mi è capitato di far parte, quale membro italiano, della giuria internazionale del Premio Italia annualmente indetto dalla Rai con sede a Venezia. Ebbene, il regolamento della giuria prevedeva come lingua ufficiale dei giurati quella inglese, senza la presenza di interpreti. Sicché uno svedese, un russo, un francese e un giapponese e un italiano ci trovammo costretti ad arrangiarci in una lingua che solo il rappresentante della BBC padroneggiava brillantemente.
Si tratta di un argomento d'attualità: la colonizzazione dell'italiano. Senza scomodare le ragioni storiche, la realtà è che l'uso di termini stranieri ha raggiunto livelli che rasentano il ridicolo, soprattutto in politica ("Il premier tra la spending review e l'election day" per citare un possibile titolo).
Io però mi sento in controtendenza. Siamo sicuri che tradurre tutto sia la soluzione? Certo invece di tablet, smartphone o ebook potremmo dire tavoletta, telefono intelligente o libro elettronico, oppure mezzi di comunicazione invece di media, ma cambierebbe di molto? La realtà è che le lingue creative, che osano, inventano ed esportano cultura sono altre, e a noi non resta che assimilare. Tradurre o no non fa una grande differenza.
Peraltro ci possiamo consolare: già gli antichi romani facevano così, assimilando la cultura greca senza tradurre, integrando le parole greche nel latino, così che ancora oggi la scienza usa termini sia latini sia greci ricevuti attraverso il latino. Alla fine quel che conta sono le idee, e l'italiano oggi purtroppo ne veicola ben poche. La nostra lingua morirà? Se non saprà creare cultura oggi, la risposta è sì. Ma l'invasione di parole inglesi è solo un sintomo, eliminarle sarà come dare un'aspirina per curare una cancrena: inutile.
Mi dispiace ma non sono d'accordo. L'italiano è una lingua meravigliosa e non vuol dire che solo perchè l'Italia sta affrontando un momento di stallo, economico e culturale, noi dobbiamo assoggettarci ad una lingua quale l'inglese (che io studio, amo e rispetto) che all'italiano non fa un baffo! Perchè non dover tradurre "driver" con il conducente, election day con "il giorno delle elezioni", smartphone con CELLULARE (le parole ce le siamo dimenticate?)... posso andare avanti all'infinito. Non solo stiamo perdendo una delle lingue più belle del pianeta, ma ci stiamo rendendo un po' ridicoli, ti posso assicurare che non solo è straziante vedere tutte queste parole inglesi in un testo italiano, ma è ancora più penoso sentire con quale illusa disinvoltura certe persone, in un tentativo di fighettaggine, si mortificano con strafalcioni inimmaginabili. Questa naturalmente è la mia opinione :) finiremo comunque mangiati dall'inglese.
RispondiEliminaIo direi che siamo d'accordo, caro Anonimo, figurati che io insegno l'italiano agli spagnoli! Per dire quanto creda alla bellezza e potenza della nostra amata favella.
RispondiEliminaLa mia era una constatazione: anche traducendo restiamo culturalmente una colonia, che scopiazza e scimmiotta gli yankee. Triste, ma vero.
Per dire, la musica classica parla italiano a tutte le latitudini, e nessuno se ne lagna: la teoria musicale l'abbiamo inventata noi! E si sono ben guardati tutti dal tradurre allegro, andate con moto, semiminima, controtempo e soprano. Ma quando smetti di inventare, di innovare, i neologismi te li impongnono altri, e alla fine diventi colonizzato linguisticamente perché colonizzato culturalmente.
Purtroppo all'italiano non resta che crogiolarsi nei fasti che furono.
Se non sai le cose, stai zitto! Gli antichi romani i termini greci non li prendevano così come erano, ma li traslitteravano e li declinavano in latino, e così il latino si arricchiva. Noi italiani invece siamo pigri e insofferenti, ripetiamo le parole esattamente come sono in inglese, le sostituiamo a vocaboli che in italiano già esistono. E' vergognoso, e il fatto che tu difenda tale cosa è inaccettabile
RispondiEliminaCaro Unknnow, ti ringrazio per il commento e mi dispiace di aver urtato la tua sensibilità.
RispondiEliminaIl discorso sul rapporto del latino verso il greco antico è più complesso di quanto possiamo aver esposto nei nostri commenti. Basta prendere un caso semplice: la parola latina AMPHORA, derivata dal greco con un calco quasi identico, mantenendo anche il digramma PH per rendere una lettera dell'alfabeto greco non presente in quello latino. Perché i Romani scelsero di adottare un termine greco? Verosimilmente, perché il termine veniva accompagnato da un oggetto, un'anfora appunto, sconosciuto quanto la parola. Cosi i Romani adottarono oggetto e parola, insieme. Più o meno come noi con SMARTPHONE, PH compreso.
L'inglese nell'italiano attuale viene usato troppo e a sproposito, su questo siamo tutti d'accordo. Ma denunciare il fatto non serve come terapia. Io mi limitavo ad evidenziare che la sudditanza linguistica è un sintomo di una ben più profonda sudditanza culturale. E se in molti casi esisterebbe una parola italiana perfettamente adatta, in altri no. Penso a parole come SOFTWARE, BLACK FRIDAY o THRILLER, o a nomi propri come FACEBOOK o TWITTER, dove nome proprio e comune si mescolano.
Se le invenzioni vengono da altre culture e parlano altre lingue, l'invasione linguistica è inevitabile, e mantenere una posizione purista diventa sempre più difficile. Eppure altre lingue stanno come noi, e non se ne lagnano. Nessuno si sogna di tradurre, traslitterare o trasformare in altro modo BIDET, SUSHI, LASER o REALITY SHOW.
Un'ultima cosa: nei tuoi futuri commenti su questo blog ti chiedo di mantenere un tono rispettoso ed educato. Grazie.
Anfora:
https://it.wikipedia.org/wiki/Anfora