sabato 20 ottobre 2012

"Io uccido / Yo mato" (Giorgio Faletti)

Sono passati dieci anni dal successo clamoroso che ha consacrato Giorgio Faletti come maestro del giallo contemporaneo italiano. Provo una mescolanza di sensazioni contraddittorie nello scrivere la recensione di “Io uccido”, il suo primo libro e il migliore a detta di tutti, fan e detrattori. Si sono spesi fiumi di parole su giornali, televisione e internet per comprendere un fenomeno apparentemente inesplicabile: la conversione di un comico da cabaret in scrittore di best seller. Tutto merito della bontà del romanzo o effetto della notorietà del nome Faletti utilizzato come marca per un non meritevole di vendere quattro milioni di copie? 

A mio avviso, sono vere entrambe. L’opera ha i suoi pregi: è scorrevole, accattivante, avvincente, con alcuni spunti ben riusciti come le sequenze dal punto di vista dell’assassino, morbose quanto basta per artigliare il lettore ma così ambigue da mantenere alta la suspense fino allo scioglimento della vicenda. Certo le pecche sono molteplici: un finale lungo e strascicato rispetto allo sviluppo della trama; personaggi stereotipati con tic e clichè già visti; uno stile barocco e ridondante nelle descrizioni e nelle metafore, inadatto al genere. E quel che è più grave, una fondamentale mancanza di originalità, scimmiottando dichiaratamente i modelli americani, libri o film che siano. 

E allora ecco che la celebrità della marca Faletti diventa il fattore chiave per lanciare “Io uccido” nell’olimpo dei best seller, con un passaparola vincente incentrato sulla domanda un po’ pettegola “ma davvero lo squinternato comico del Drive-In è stato capace di scrivere un bel libro?” 

Non dico che la lettura del romanzo non sia piacevole o che non garantisca più di un colpo di scena, però a uno scrittore esordiente come me viene naturale la domanda chiave: “Davvero pubblicherebbero un libro come Io uccido a uno scrittore sconosciuto?”. E la risposta è: no. Quel che resta dopo dieci anni è un romanzo leggibile e con qualche guizzo interessante ma in ultima istanza come tanti, non all’altezza del successo spropositato di cui ha goduto. Onore a Faletti, dunque, campione di un’operazione di marketing da vero artista. Voto: 3 su 5.


Han pasado diez años desde el triunfal éxito que consagró Giorgio Faletti como maestro de la novela policíaca italiana actual. Siento una mezcla de sensaciones contradictorias en escribir la reseña de “Yo mato”, su primer libro y el mejor según todos, fans y detractores. Se han derrochado ríos de palabras en prensa, televisión e internet para comprender un fenómeno aparentemente inexplicable: la conversión de un cómico de cabaret en escritor de best seller. Todo gracias a la calidad de la novela o efecto de la fama del nombre Faletti usado como marca para un producto no merecedor de vender cuatro millones de ejemplares? 

En mi opinión, ambas son ciertas. La obra tiene sus virtudes: se lee bien y engancha, con algunos elementos muy conseguidos como las secuencias desde el punto de vista del asesino, morbosas como para agarrar el lector pero tan ambiguas que mantienen alta la suspense hasta el desenlace. Por supuesto hay múltiples pegas: un final largo y arrastrado con respecto al desarrollo de la trama; personajes estereotipados con tic y clichés ya vistos; un estilo barroco y redundante en descripciones y metáforas, inadecuado para el género. Y lo más grave, una fundamental falta de originalidad, copiando declaradamente los modelos americanos, sean libros o películas. 

Y entonces la celebridad de la marca Faletti se convierte en el factor clave para lanzar “Yo mato” en el olimpo de los best seller, con un pasapalabra ganador basado en la pregunta algo cotilla “pero de verdad el chiflado cómico de Drive-In pudo escribir un buen libro?” 

No digo que la lectura de la novela no sea agradable o que no garantice más de un giro sorprendente, pero a un escritor novel como yo le surge natural la pregunta clave: “e verdad publicarían un libro como Yo mato a un escritor desconocido?”. Y la respuesta es: no. Lo que queda después de diez años es una novela que se lee bien y con algún punto interesante pero en el fondo como muchas, no a la altura del éxito desproporcionado que tuvo. Honor a Faletti, entonces, campeón de una operación de marketing de verdadero artista. Nota: 3 sobre 5.

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